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La Gestione dell'Aula di Formazione - tam tam 64 - 2024

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Molto in questi anni è stato scritto sulla formazione aziendale e molte sono di conseguenza le conoscenze che si sono diffuse in azienda su tale argomento. E’ infatti ormai appannaggio di tutti come si possano distinguere obiettivi di sviluppo delle conoscenze, delle capacità e dei comportamenti e vi sia dunque una formazione orientata al sapere, al saper fare ed al saper essere (Salvemini, 1999). Parimenti è ormai patrimonio comune come gli strumenti ed i metodi che in tale ambito si utilizzano abbiano negli ultimi decenni avuto un’evoluzione, passando dalla classica lezione frontale (ad una via) a forme più attive come i role playing e la discussione di casi o di film, in grado di rendere le persone più partecipi del loro apprendimento (Quaglino 2014).

A fronte di tale proliferazione di conoscenze, minore dal nostro punto di vista, è stata l’attenzione posta sul ruolo del formatore e cioè sulle responsabilità e sulle competenze di chi eroga la formazione. Considerando la rilevanza dell’argomento concentreremo la nostra attenzione proprio su tale tema, cercando di delineare gli spazi di discrezionalità che il formatore può avere rispetto alla committenza ed ai partecipanti, così come sui comportamenti e sugli atteggiamenti che più di altri possono contribuire al suo successo. Consapevoli della vastità dell’argomento, limiteremo le nostre riflessioni al ruolo del formatore nell’ambito dell’aula di formazione, rimandando a successivi contributi le considerazioni sul formatore nei contesti esterni all’aula come ad esempio nell’outdoor, nel teatro o nel coaching (Boldizzoni, Nacamulli, 2004).

PRINCIPI GUIDA

Una necessaria premessa per meglio inquadrare il ruolo del formatore, inerisce alcuni principi guida che ne ispirano l’operato. Un primo elemento che possiamo considerare fondamentale, concerne il metodo di insegnamento che, nel caso della formazione aziendale rivolta agli adulti, si identifica con l’andragogia. Come posto in luce da Knowles (1984) “insegnare agli adulti è cosa ben diversa dall’insegnare ai bambini”: mentre questi ultimi hanno infatti un limitato bagaglio di esperienze ed un senso del sé ancora in divenire, gli adulti hanno un senso di identità più marcato ed una più definita indipendenza emotiva e caratteriale. Tale considerazione, nel porre in evidenza come nell’età matura vi sia una minore accettazione acritica di ciò che si apprende, induce a riflettere sulla necessità di far divenire il discente attore. L’adulto a differenza del bambino, decide cosa imparare e come, essendo consapevole dei suoi obiettivi e delle sue necessità. Conquistare l’assenso dei partecipanti sugli oggetti del corso, così come sui tempi e sui metodi didattici, diviene in tal senso fondamentale, imponendo al formatore specifici comportamenti da porre in essere. Motivare i discenti agli obiettivi spiegando l’itinerario e le tappe da raggiungere, così come coinvolgerli nelle attività, rendendoli partecipi del processo di apprendimento, diviene in tal senso un elemento di rilievo, rendendo palese come l’attivazione dell’aula debba essere al centro dell’attenzione del docente, così come la passivizzazione e la noia i nemici da contrastare e combattere. Una seconda considerazione utile per inquadrare il ruolo del formatore ha a che fare con il contesto di gruppo nel quale la formazione aziendale trova realizzazione, potendo la dimensione relazionale influenzare l’efficacia dell’apprendimento o la sua stessa concretizzazione. Se il gruppo non riconosce nel formatore un punto di riferimento per la gestione delle regole di convivenza come ad esempio dei tempi di lezione e di pausa, così come per la gestione delle dinamiche emotive che necessariamente si sviluppano nel team, il gruppo stesso può perdere di vista i suoi obiettivi di apprendimento, sfaldarsi e divenire poco efficace. Come tutti sappiamo vi sono infatti dinamiche di ostilità così come disimpegno al compito che a volte caratterizzano la vita del team (Bion 1980), che possono divenire nocive e compromettere l’efficacia della formazione. Ecco dunque che ricordare gli obiettivi e le regole, così come garantire un clima favorevole e sereno diviene in tal senso cruciale, imponendo al formatore di occuparsi del contesto in cui l’apprendimento ha luogo, oltre che dei suoi contenuti.

IL RUOLO DEL FORMATORE

I principi sopra descritti possono aiutarci a meglio delineare il ruolo del formatore. Se la gestione delle dinamiche di gruppo e la stimolazione dell’aula ad una partecipazione attiva sono come detto importanti, possiamo infatti ragionevolmente affermare che fare formazione non è solo passare dei contenuti ma appropriarsi di un ruolo. Rientra infatti nei compiti del formatore divenire il leader del gruppo e cioè il punto di riferimento riconosciuto per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento del team in formazione, così come il facilitatore o maieuta (Forti, Oliveri 1999), un soggetto cioè capace di stimolare il team stesso alla partecipazione e favorirne la maturazione attraverso lo sviluppo di comportamenti funzionali all’apprendimento. Se in tal senso rientra nel ruolo del formatore definire l’accordo sugli obiettivi ed i metodi didattici e fungere da garante del rispetto delle regole, è d’altra parte sua responsabilità agire da stimolo alla partecipazione, evitando il timore di essere valutati, la noia o peggio ancora l’isolamento di qualcuno. Deve in tal modo essere un leader riconosciuto ed accettato ed al tempo stesso un facilitatore dell’attivazione di comportamenti di coinvolgimento e sperimentazione, che tanta parte giocano nell’acquisizione di nuove nozioni e capacità.

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